Paziente: Sascha Alfaroth

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    SASCHA ALFAROTH
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    La ascoltò senza prestare, per la prima volta, troppa attenzione alle sue reali parole. Non perchè non fossero importanti, ma perchè in lui c'era ancora quel grande dubbio. Per quanto lei stessa lo stesse esortando a vivere la sua vita rischiando, dal canto suo, Sascha non riusciva ancora a vedere la minima possibilità che il suo desiderio di essere amato nella maniera in cui sperava e soprattutto dalla persona che sperava, fosse realizzabile. Arrossì leggermente al complimento della donna che l'aveva definito facile da amare, ma al contempo non prese troppo sul serio quella affermazione, dettata semplicemente da un singolo incontro di poche decine di minuti. Forse il suo era proprio un problema di tempi. Gli capitava spesso di rimuginare sul fatto che fosse uno dei pochi sedicenni che non avesse ancora avuto alcuna relazione o un rapporto sessuale e questo era l'ennesimo elemento che lo faceva sentire diverso, per quanto a lui non piacesse il conformismo forzato. Era ben conscio che in quanto ad esperienze di vita poteva essere decisamente al di sotto di tanti coetanei ed al contempo decisamente più maturo per quello che aveva passato.
    «Temo di non farcela. Ma ci proverò.»
    Lo disse a voce alta, più per convincere sè stesso che la donna che aveva di fronte.
    «Vorrei tanto che tutto fosse più facile. Vorrei potermi accontentare. Vorrei non dover sempre riflettere sulle conseguenze delle mie azioni. Non pretendo che tutto ciò che mi capiti vada bene... ma... vorrei per la prima volta sentirmi fortunato. L'ho già detto, con i Kane lo sono stato, ma non riesco a smettere di pensare a qualcosa di più. Desiderare qualcosa di più non è sbagliato.»
    Anche questa volta si fermò, realizzando di aver detto qualcosa per convincere solamente sè stesso.
    «Alcune volte mi piacerebbe fare qualcosa di sbagliato semplicemente per il gusto di fare errori. Fare qualcosa di inaspettato o persino pericoloso. Non parlo di cose stupide come ubriacarmi o cose del genere, ma più di esperienze particolari che possano semplicemente farmi sentire libero da ogni costrizione.»
    Cambiò poi velocemente espressione, realizzando un'idea malsana ma che seguiva perfettamente ciò che la donna stava cercando di insegnargli.
    «Per caso ha impegni dopo la mia seduta? Che ne dice se il duello lo facciamo appena finiamo?»
    Fare richieste così esplicite e pretenziose non era decisamente da lui, ma doveva imparare ad uscire fuori dalla sua zona di comfort, no? Non era ancora sicuro di quel duello, al punto da esporsi così tanto, ma quello sprazzo di vitalità che la donna era riuscito a dargli si era fatto decisamente troppo forte per rimandare quell'evento a data da destinarsi. Sperava con tutto il suo cuore che la risposta arrivasse in maniera affermativa, perchè sapeva che probabilmente, ripensandoci, si sarebbe tirato indietro.
    «Non vorrei risultare pretenzioso e probabilmente l'ho presa alla sprovvista, ma ho paura di non riuscire più a trovare il coraggio che mi ha dato in questo momento.»
    Abbassò lo sguardo, quasi imbarazzato dalle sue stesse parole. Non aveva mai desiderato cimentarsi veramente in qualcosa, tantomeno uno scontro tra incantesimi con una persona che sicuramente si sarebbe rivelata di gran lunga superiore a lui, almeno in quanto ad esperienza.
    «Non so se sarà Adrian a venire a prendermi, ma lui ci metterebbe davvero poco a farsi sottoscrivere un permesso per farmi utilizzare la magia. Solo che... mi fiderei di più se fossimo in un posto isolato.»
    Avrebbe già messo a rischio due vite, non contando la sua, non poteva di certo permettersi di far male ad altri innocenti nel caso Helel fosse spuntato fuori. Rifugiarsi in un posto isolato sarebbe stato l'unico modo per renderlo decisamente più tranquillo sul da farsi. Per un momento ci ripensò, forse spinto da un breve momento di paura.
    «Ma... forse le ho chiesto troppo. Faccia finta che io non abbia detto niente, avremo tempo.»
    Si rabbuiò. La sua eccitazione era scemata facilmente, ma per la prima volta era riuscito a mostrare il suo lato più fanciullesco, quello che si accendeva al minimo barlume di novità.
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    Le parole del ragazzo non erano poi tanto diverse da quelle di molti altri giovani della sua età. I desideri erano I medesimi, solo strutturati in modo diverso, in quanto provenienti da background diversi. Questo non significava che fossero banali o poco interessanti ma, semplicemente, che Sascha era un ragazzo come tanti altri con un grosso problema da risolvere.
    L’essere umano non è fatto per accontentarsi. Spesso e volentieri è costretto a farlo, ma difficilmente sta bene in quella scatola che si costruisce, soprattutto se ha una personalità ben definita. La voglia di emergere, migliorarsi, essere sempre di più e avere sempre di più è una costante della vita. Inoltre l’adolescenza è un ricettacolo di ambizioni.
    Nel caso di Sascha poi, con tutto quello che aveva subito, era evidente quanto fosse necessario.
    Ed il suo desiderio di stravolgere la linea guida, rimescolare le carte in tavola, fu ancor più evidente quando mi chiese di fare il duello quella sera stessa. Un piccolo sospiro lasciò le mie labbra. Non che non volessi, anzi, probabilmente quella spinta motivazionale avrebbe aiutato parecchio, ma era minorenne ed io ero obbligata, in un caso simile, ad avere l’autorizzazione di un tutore. Altrimenti avrei rischiato come minimo la carriera. Accolsi le sue parole di preghiera quasi fossero intrise di quella sofferente anima che risiedeva nel suo corpo.
    Ma poi, com’era venuta, quell’eccitazione, quel desiderio di rivalsa, si sgonfiarono come un palloncino stanco, ed io vidi negli occhi del ragazzo una sconfitta ancora prima che l’ammettesse con se stesso.
    Portai il gomito al bracciolo e poggiai il mento su due dita ripiegate. Lasciai che il silenzio si dilatasse per un po’ vagliando le varie opzioni, cercando di tutelare me stessa, Alfaroth, ma soprattutto il lavoro fatto fino a quel momento, per quanto il tempo fosse stato poco.
    Ho un impegno più tardi, ma il tempo per il duello ci sarebbe.
    Il problema maggiore è che non posso duellare, per quanto sia un tipo di terapia, con un minore senza l’autorizzazione del suo tutore. E per quando Adrian Kane possa fidarsi, sarebbe scorretto non informarlo.

    Avremmo avuto tempo per provare, ma sapevo che alcune occasioni andavano colte quando si ponevano le possibilità, evitando di trascinare il tempo troppo a lungo.
    Immagino che tu abbia un cellulare. Chiamalo, lo metterai in vivavoce. Se lui ci darà il permesso per il momento vocale, e quando verrà a prenderti, scritto, ti porterò in un posto tranquillo e proveremo a combattere.
    Era un compromesso fattibile per entrambi.
    Avremmo potuto usare uno dei parchi laterali fuori dal centro di Diagon Alley. Avrei usato una serie di incantesimi di protezione intorno a noi e avrei aspettato l’arrivo di Helel, perché ero certa che sarebbe arrivato, anche solo per provocarmi. Ma l’esperienza, l’età adulta e, soprattutto, il mio essere un’ottima Occlumante, mi avrebbero tutelato dagli attacchi di quella personalità pericolosa.
    Capisco il tuo desiderio di uscire dal bozzolo, di toglierti di dosso quel mantello di protezione che tu stesso e tutti quelli che hai intorno pongono su di te perché hai sofferto tanto. Capisco anche il voler fare qualcosa di diverso, spericolato a dirla tutta.
    Il mio sguardo si fece serio, non duro o cattivo, solo serio.
    Io sono qui per aiutarti a farlo, ma non per questo ti tratterò come una vittima. Devi essere ben consapevole che, se mentre duelleremo dovesse uscire Helel e provasse a ferirmi, io dovrò rispondere e potrei farti del male. Ovviamente sarò molto attenta a quali magie usere, ma è giusto che tu lo sappia.
    Tu sei stato una vittima, ma il mio lavoro e non renderti più tale. Non farti diventare un carnefice, ma far si che il tuo equilibrio interiore sia così perfetto da poterti permettere di arrabbiarti ed eventualmente tirare un pugno a qualcuno, di odiare, di abbracciare, di lavorare, di baciare, toccare, amare, fare l’amore con qualcuno senza che perda mai il contatto con la realtà.
    Non voglio spaventarti, ma quando proveremo a combattere io non sarò solo la tua terapeuta, ma sarò anche un’avversaria e come tale un qualcuno da battere. Ed io odio perdere.

    Sorrisi.
    Era ovvio che non lo stessi minacciando, la mia voce era rimasta morbida, delicata, quasi soave. Ma volevo che lui capisse bene cosa stavamo facendo. Il tramite del duello avremmo potuto usarlo più volte, anche in momenti distanti tra loro, ma non sarebbe mai stata una passeggiata di salute in cui lui avrebbe sfogato la sua rabbia repressa ed io semplicemente parato i colpi. O non sarebbe servito a niente.
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    Subito Sascha si diede un freno. Adrian gli avrebbe dato il permesso di portare avanti quel tipo di terapia? Sapeva che probabilmente già solo il fatto di averlo in casa era una grande responsabilità per lui, ma concedergli di portare avanti un duello in piena regola sarebbe stato forse troppo perfino per lui. Esitò un momento, prima di tastare le tasche dei suoi pantaloni in cerca del cellulare che utilizzava in frangenti realmente rari.
    «Posso provare a chiamarlo, ma non sono sicuro che mi darà il permesso. Sarebbe una responsabilità in più per lui e mi sento anche un po' in colpa a fargli una richiesta del genere.»
    Ci pensò per un attimo, per poi riprendere a parlare.
    «Io vorrei proprio che lei mi trattasse come una persona alla pari, per la prima volta in vita mia non voglio sentirmi una vittima. Quello che spero è proprio che non si trattenga, sono sicuro che Helel non lo farà e non vorrei farlo nemmeno io a dirla tutta. Non desidero farle male, ma vorrei sperimentare la libertà di prendere in mano la mia bacchetta senza tremare per la paura.»
    Sorrise verso di lei, cercando il suo sguardo.
    «Anche se devo ammettere che mi dispiacerebbe farle del male, come Sascha, non come Helel.»
    Si fece scappare una piccola risata, per la prima volta sicuro delle sue capacità. Per quanto avesse attraversato mille periodi di buio, si trattava pur sempre di uno studente di Hogwarts del sesto anno e gli incantesimi che aveva imparato a padroneggiare non erano di certo da prendere sottogamba, nemmeno per una donna di quel calibro.
    «Sarò impegnato a trattenere Helel, quindi io non mi tratterrò. Non le renderò facile questo duello.»
    Prese il cellulare dalla tasca, facendole un breve cenno come per chiederle il permesso di chiamare Adrian. Il display luminoso con l'immagine di un corvo riempì la sua vista, dandogli modo di accedere alla lista dei suoi contatti; era talmente poco abituato ad usare quel dispositivo che non si era mai premurato di imparare a memoria alcun numero, limitandosi a cercarli nella rubrica a dir poco spoglia. Adrian era esattamente il primo contatto, sopra quello di Adam solamente perchè impostato come prioritario, seppur quasi meno importante per lui. Qualche squillo trillò prima di far giungere la voce del viceministro alle orecchie di entrambi, intenti a spiegare la situazione e definire i limiti del duello che avrebbero affrontato.
    «La dottoressa è cosciente della situazione e se vorrai potrai esserci anche tu, per assicurarti che tutto vada bene.»
    Voleva in qualche modo rassicurarlo, seppur cosciente del fatto che i rischi erano grossi e quasi certi. Con grande stupore di Sascha, incredibilmente, Adrian accettò purchè il duello avvenisse nella tenuta dei Kane, nella sala che da sempre era stata adibita proprio per quelle occasioni, anche se non in previsione di una terapia. Dal canto suo il biondo sperava solamente che l'ingresso fosse però escluso agli altri membri; non poteva permettersi il rischio di poter fare del male anche a loro, in nessun caso.
    «Ecco fatto.»
    Per quanto il tempo fosse contro di loro, la smaterializzazione li avrebbe aiutati. Per la prima volta in vita sua il cellulare, con la modalità di passaporta verso casa, l'avrebbe aiutato veramente.
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    Edited by úlfheðinn' - 2/2/2022, 23:11
     
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    Se quel giovane studente fosse stato mioo coetaneo, compagno di casa rivale ai tempi di Hogwarts, non ci avrei pensato due volte a stenderlo al Club dei Duellanti. Sascha nascondeva, vuoi per l’indole buona, vuoi per la presenza di Helel da tenere a freno, una notevole arroganza, tipica degli adolescenti. Il che era positivo, molto. Ma andava indirizzata correttamente. Voleva combattere e farlo sul serio. Il sorriso si trasformò in un ghignetto divertito alle sue frasi.
    Ed io non ti tratterò come uno studente. Saremo due duellanti, rispettosi ma reali. E potenzialmente letali.
    Quando poi parlò con Kane io annuii silenziosa. Mi sembrava un buon compromesso l’utilizzo della sala da duello del Manor. Sicuramente era un luogo protetto e sicuro e, in caso di necessità, vicino a qualcuno che avrebbe aiutato.
    Era interessante questa cosa della passaporta negli smartphone. Intelligente e sicura. Probabilmente studiata post pandemia. In effetti, per i minorenni che ancora non potevano e/o non sapevano smaterializzarsi era un ottimo modo per tornare a casa in piena sicurezza. E bravo il Ministero.
    Bene Sascha, mi sembra che abbiamo tutto. Il posto, il permesso e la voglia di scontrare le bacchette.
    Mi alzai in piedi invitandolo a fare lo stesso. Gli riservai un’occhiata gentile, sorridente, rassicurante. Perché anche se era vero che avremmo combattuto in un nuovo modello di terapia, era anche vero che lui doveva continuare a fidarsi di me.
    Presi la mia bacchetta e la agitai elegante, spegnendo le luci dello studio e sigillando la porta. Solo la luce bassa del fine giornata ed i primi lampioni accesi permettevano a me e al mio giovane paziente di guardarci ancora negli occhi.
    Allungai la mano verso di lui e aspettai che la afferrasse.
    Quando vuoi
    Pochi istanti dopo sentii il famigliare risucchio all’altezza dell’ombelico dovuto all’attivazione della passaporta.
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